L’Oxford Dictionary lo definisce come “Un programma per computer progettato per simulare una conversazione con utenti umani, soprattutto su Internet”. Il termine “chatterbot”, poi abbreviato in “chatbot”, è stato coniato nel 1994 da Michael Mauldin, creatore del ChatBot Verbot, dall’abbreviazione di robot in bot e dalla sua unione con chat, quindi possiamo definirla conversazione automatica virtuale di una persona con un robot.
È un compagno virtuale che comunica con noi tramite messaggi di testo, integrato in siti web, applicazioni o messaggistica istantanea che aiuta nelle attività quotidiane, in particolare aiuta gli imprenditori ad avvicinarsi ai clienti.
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Tantissimi sono i chatbot creati nel corso della storia, vediamone alcuni tra i più importanti. Il primo è stato scritto nel 1966 da Joseph Weizenbaum, scienziato informatico tedesco che lavorava al Massachusetts Institute of Technology negli Stati Uniti, chiamato Eliza, da Eliza Doolittle, protagonista della commedia Pigmalione di George Bernard Shaw. Questo chatbot, oggi ancora attivo, simula una conversazione con uno psicoterapeuta riconoscendo le parole chiave all’interno delle frasi. Eliza è stato il primo programma a superare il test di Turing, usato per comprendere se una macchina può pensare.
Nel 1972 un altro chatbot “medico” fu creato dallo psichiatra Kenneth Coby, questo programma simulava il pensiero di un individuo schizofrenico, anche questo sistema passò il test di Turing.
Nel 1988 il programmatore Rollo Carpenter creò Jabberwacky con lo scopo di simulare la voce umana in maniera spiritosa.
Nel 1992 fu ideato il Dr. Sbaitso, anch’esso costruito per scopi medici per simulare una conversazione con uno psicologo.
Nel 1995 con Richard S. Wallace fu la volta di A.L.I.C.E. (Artificial Linguistic Internet Computer Entity) programmato con linguaggio A.I.M.L. (Artificial Intelligence Markup Language) ideato sempre da Wallace, che può essere definito come un linguaggio inventato per software che hanno il compito di imitare la lingua dell’uomo.
In seguito nel 2001 fu creato Smarterchild, un chatbot divertente che offriva molte informazioni e possibilità di divertimento all’utente.
Nel 2006 arriva l’IBM Watson Assistant, di cui parleremo più avanti perché merita un approfondimento.
Il 2010 è il turno di Siri, il chatbot più famoso al mondo, in grado di fornire indicazioni stradali, informazioni meteo, inviare messaggi, e tanto altro.
Nel 2014 nasce Cortana per il sistema operativo Windows Phone, che interagisce con gli utenti tramite specifiche conversazioni.
Con l’avvento di Amazon viene creato Alexa, chatbot che interpreta persino il tono di una conversazione per adattare la sua risposta.
Nel 2016 è la volta dei Bots for Messenger, i famosi chatbot costruiti da Facebook per Messenger, in grado di eseguire operazioni abbastanza complesse come prenotazione di viaggi e ristoranti.
Abbiamo compreso che esistono tantissime tipologie di chatbot, questi sistemi possono essere distribuiti su siti web, applicazioni e canali di messagistica come Facebook Messenger, ma anche Twitter, Whatsapp e tanti altri.
A seconda del tipo di programmazione possono essere classificati in semplici o intelligenti:
Per la costruzione di un chatbot bisogna seguire alcuni importanti passaggi: definire l’obiettivo e le funzioni che deve assumere, scegliere il canale da utilizzare, decidere se crearne uno a partire da zero o usare un software già pronto, occorre provare a prevedere le possibili interazioni dell’utente: le sue domande e le loro variabili per progettare il flusso di base del chatbot che andrà poi allenato con le prime interazioni degli utenti, quando non ci si rivolge ad un Information Architect (figura che si occupa dell’organizzazione delle informazioni in base al pubblico) spesso questo lavoro è delegato al committente.
La creazione di un chatbot richiede in ogni caso operatori specializzati in ambito informatico, specialmente con un chatbot dotato di intelligenza artificiale.
Negli ultimi anni è stato semplificato il servizio in modo da ampliare i possibili utilizzatori e sono stati ridotti i passaggi tecnici in modo da essere accessibili anche a chi ha conoscenze informatiche medio basse, di conseguenza anche i costi sono stati ridotti.
I chatbot sono utilizzati per interpretare ed elaborare le richieste del cliente, fornendo risposte immediate e pertinenti intrattenendo l’utente sul sito o sull’app, ma hanno anche la capacità di raccogliere informazioni migliorando i tassi di risposta, i processi d’acquisto e la comunicazione. Non a caso un aspetto fondamentale dei chatbot è insegnare loro la lingua del pubblico di destinazione.
Cosa può fare un chatbot per un’azienda? Questi assistenti virtuali sono largamente utilizzati in aziende esperte e start up per migliorare il servizio clienti, ridurre i tempi d’attesa, evitare la ricerca di risposte nella FAQ che richiede molto tempo, viene semplificato il processo d’acquisto inviando informazioni mirate a ciò che il cliente desidera, la comunicazione viene personalizzata rispondendo ad una specifica richiesta del visitatore, insomma chatbot risponde al 100% o quasi dei messaggi e converte più visitatori in acquirenti. In ultimo ma non per importanza, automatizza la risposta a domande poste ripetutamente dai clienti, riducendo il lavoro.
Quindi possiamo dire che i chatbot hanno un ruolo importante all’interno del customer journey, il percorso e contatto tra consumatore e azienda, che comprende sia le tappe online che offline.
Comunicare con i clienti nel modo, nel posto e nei tempi giusti è da sempre una sfida per i professionisti del marketing e del web marketing, i chatbot, se integrati correttamente e programmati con un apprendimento automatico, possono fornire ai clienti servizi di qualità. L’assistente virtuale sa cosa si adatta alla persona con cui interagisce elaborando i dati dell’account e i dati storici, rispondendo con buone probabilità correttamente alle richieste del cliente.
Non è un caso che molte aziende vogliano implementare questo tipo di tecnologia per migliorare il customer journey e l’efficienza amministrativa, dunque i vantaggi dei chabot sono molti, ma tante sono ancora le sfide da superare per gli sviluppatori di questi sistemi, ad esempio la mancanza di empatia, la manutenzione e il giusto equilibrio tra interazioni umane e chatbot.
Come abbiamo detto, questo programma merita una particolare attenzione: a differenza degli altri l’assistente virtuale di IBM (International Business Machines Corporation), una delle più importanti aziende informatiche al mondo, è rivolto esclusivamente alle aziende e non ai consumatori, fruibile su qualsiasi cloud o ambiente installato on-premise (in sede). Molti chatbot sono programmati per imitare le interazioni umane, invece Watson Assistant può interagire con l’uomo, ma anche distinguere quando dare una risposta, chiedere un chiarimento o quando non è in grado di rispondere reindirizzando l’interlocutore dove troverà quello che sta cercando, lasciando il posto all’uomo senza abbandonare la chat. Inoltre Watson è multitasking, riesce a svolgere più attività contemporaneamente passando da un argomento all’altro all’interno della chat.
L’AI di Watson Assistant è capace di comprendere il linguaggio naturale e utilizza il machine learning per comprendere il significato della richiesta in 13 lingue.
Watson Assistant, quando implementato su un cloud, utilizza la piattaforma Red Hat OpenShift, piattaforma ideata per semplificare lo sviluppo e l’innovazione, inoltre garantisce la privacy isolando completamente i dati.
Uno studio presentato alla conferenza Internet Science del 2017 ha sottolineato i motivi per cui si sceglie di interagire con i chatbot: l’assistenza di un chatbot è più rapida ed efficiente, le persone si divertono e chattare con un assistente virtuale aiuta a lenire la solitudine e a migliorare le capacità di conversazione, inoltre è una novità che suscita inevitabilmente interesse.
Ci sono vari motori di ricerca per questi assistenti virtuali, come Chatbottle , Botlist e Thereisabotfort che forniscono una classifica in base a parametri come il numero di voti, le statistiche degli utenti, le piattaforme su cui si trovano e le categorie in cui vengono utilizzati (viaggi, produttività, interazione sociale, notizie, e-commerce e tanto altro).