In un mondo sempre più frenetico e competitivo, diventa complicato per le aziende tenere alto il livello di fidelizzazione dei clienti. Per far sì che gli utenti siano interessati e fiduciosi verso il brand, diventa indispensabile monitorare alcuni KPI (Key Performance Indicators) specifici.
Tra le metriche più rilevanti alle quali prestare attenzione c’è senza dubbio il cosiddetto churn rate, ovvero il tasso di abbandono dei clienti verso un servizio. Si tratta di un dato da non sottovalutare per comprendere se la propria impresa potrà avere successo a lungo termine e poter operare i giusti correttivi.
Con l’avvento dei siti di e-commerce il churn rate ha acquisito un valore ancor più determinante. È molto facile da ricavare grazie ad un’apposita formula matematica e può essere utilizzato non solo in ambito marketing, ma anche per altre performance di business.
Andiamo quindi a scoprire nel dettaglio in cosa consiste il churn rate, come viene calcolato e come poterne abbassare l’indice.
Elenco dei contenuti
Il churn rate appartiene alle metriche di valutazione di performance più importanti e rappresenta il tasso di abbandono, espresso in percentuale, rispetto alla base dei clienti.
In parole più semplici, è il dato che esprime il numero medio dei clienti che lasciano un servizio oppure non acquistano più un certo prodotto in un particolare periodo di tempo, confrontato al numero complessivo dei clienti nel medesimo segmento temporale.
Certamente la perdita di clienti è un inconveniente non da poco per qualsiasi settore economico. Infatti, non è raro trovare un churn rate molto elevato in aziende leader nel proprio campo di riferimento.
Le ragioni possono essere svariate, ma di solito il vero problema di fondo è la tendenza a focalizzarsi sui nuovi clienti, piuttosto che sui rapporti già instaurati.
In pratica, il churn rate è il concetto inverso del tasso di fidelizzazione, il quale va a calcolare quante persone rimangono fedeli al marchio di un tempo predefinito.
Un basso tasso di abbandono significa che gli utenti sono pienamente soddisfatti del prodotto offerto e sarà così possibile concentrarsi sui nuovi clienti, senza doversi sforzare troppo per sostituire quelli persi.
I clienti fidelizzati sono anche più preziosi di quelli appena acquisiti ed incrementare il churn rate può essere di vitale importanza per gli effetti benefici sul business.
Tale metrica è fondamentale per comprendere lo stato di salute dell’azienda e le sue prospettive per il futuro, indentificando al contempo l’impatto dei cambiamenti nella propria offerta commerciale. Il churn rate è così d’aiuto per comprendere meglio quale genere di cliente apprezza di più il prodotto.
Inoltre, i costi per l’acquisizione dei nuovi clienti sono più elevati rispetto a ciò che bisogna spendere per mantenere la base clienti già esistente. Questo perché un cliente di lunga data ha un valore superiore rispetto ad uno appena acquisito.
Una volta capito con esattezza cosa significa churn rate, è bene andare a spiegare come viene calcolato questo parametro. In tal senso, è utile specificare che per alcune tipologie di imprese il churn rate è più facile da verificare che per altre realtà.
Il calcolo è più agevole per i servizi in abbonamento e per le attività che individuano in maniera univoca i clienti costretti a compiere una determinata azione per l’abbandono. Il churn rate è poi misurabile anche per le aziende di e-commerce.
Per ottenere un dato come il tasso di abbandono è però necessario definire in anticipo alcuni dettagli. Per prima cosa, dovrete impostare un arco temporale su cui calcolare il churn rate (mensile, quadrimestrale o annuale).
In seguito, dovrete indicare il numero generale di clienti all’inizio del periodo di tempo prescelto ed il numero di clienti persi alla conclusione di questa finestra temporale. Quindi vi basterà dividere il primo valore per il secondo e moltiplicare per 100. La percentuale ottenuta sarà il vostro churn rate.
La formula è dunque la seguente:
clienti persi a fine periodo/clienti totali all’inizio del periodo X 100
Per essere ancor più chiari possiamo fare un esempio pratico. Se l’azienda ha 200 clienti ad inizio anno e 20 persone hanno deciso di abbandonare, applicando la formula si dovrà dividere 20 per 200, moltiplicando il tutto per 100.
20/200 x 100 = 10
Secondo il calcolo appena eseguito, il vostro churn rate sarà del 10%. Per quanto riguarda il periodo di tempo a cui riferirsi, ci sono imprese che rilevano il tasso di abbandono ogni 4 mesi, 6 mesi oppure ogni anno, mentre altre addirittura arrivano ad un intervallo di 4 anni.
Per sapere quale range temporale è più indicato, bisogna riferirsi al modello di business specifico. Ad esempio, una società come Spotify che offre abbonamenti mensili potrà controllare il churn rate ogni mese o con cadenza bimestrale.
Infine, un churn rate positivo dovrebbe aggirarsi tra il 2 e l’8%, soprattutto per i servizi B2C.
Il churn rate viene espresso in percentuale, in modo tale da poter tenere traccia dell’evoluzione degli investimenti operati secondo differenti intervalli di tempo. Prima però di monitorare il tasso di abbandono del brand è indispensabile sapere quando un cliente può definirsi perso.
Ci sono prodotti con cicli di vendita più lunghi, come i mobili per la casa o gli occhiali da vista, per i quali i clienti possono lasciar passare anni prima di un nuovo acquisto.
Ciò vuole dire che per ogni prodotto specifico è necessario adattare il significato di churn rate secondo il customer lifecycle più idoneo. Quando sarete sicuri della correttezza dei dati, potrete impostare l’analisi più indicata per le vostre esigenze.
Per supportare la gestione del churn rate si possono sfruttare differenti metodologie, a cominciare dalla customer satisfaction. Basterà chiedere agli utenti feedback ed opinioni sull’esperienza d’acquisto per individuare gli elementi di soddisfazione/insoddisfazione dei clienti.
Altro indice utile è il Net Promoter Score, metrica che impiega un sondaggio per misurare la fedeltà del cliente rispetto all’azienda.
Con un punteggio da 0 a 6 avrete clienti detrattori, ovvero coloro che non consigliano l’azienda e ne parlano male. Da 7 a 8 ci sono i clienti passivi, quelli che sono neutrali, ma non raccomanderebbero comunque il marchio. Per finire, i punteggi 9 e 10 includono i clienti promotori, più soddisfatti e inclini a consigliare l’impresa.
Per concludere, può essere d’aiuto analizzare la Voice of the Customer, così da sapere come è andata l’esperienza d’acquisto o il servizio post-vendita.
Il sistema più immediato per abbassare il churn rate è migliorare la customer experience degli utenti. A tal proposito, i dati storici riguardanti tale segmento sono la base per ogni strategia di fidelizzazione che si rispetti.
Il primo passo da compiere è prevenire l’abbandono dei clienti più fedeli e per farlo c’è bisogno di un’analisi predittiva che deve rispondere a 4 domande principali:
Per curare la customer experience bisogna partire dalla fornitura di un ottimo servizio/prodotto e da un supporto clienti post-vendita per fornire risposte rapide a qualunque problema e difficoltà. Oggi questo può essere fatto in moltissimi modi, inclusi addetti vendite, chat, profili social e così via.
L’importante è essere veloci e precisi nel rispondere quando gli utenti pongono domande o lasciano feedback. Altro elemento per sostenere la fidelizzazione e contenere il churn rate è il ricompensare la fedeltà dei clienti.
Non a caso gli sconti, le carte ed i programmi fedeltà sono una delle strategie di marketing più antiche poiché spingono i clienti a continuare a fare i loro acquisti presso il marchio.
Quale che sia l’impostazione prescelta, è indispensabile focalizzarsi sulle persone che hanno mostrato di apprezzare i vostri servizi nel tempo. Insomma, tali rapporti di fiducia sono decisivi e devono essere coltivati con particolare cura ed attenzione.