Che si tratti di verificare la validità delle proprie strategie marketing o di costruire un financial plan, ormai i Big Data sono indispensabili per individuare gli obiettivi aziendali e raggiungerli in maniera efficace.
Oggi per avere traccia dei progressi effettuati in maniera rapida ci sono tutta una serie di indicatori di perfomance che consentono di monitorare i risultati ottenuti e pianificare le future attività.
I cosiddetti KPI, cioè gli indicatori chiave di prestazione trovano largo uso nelle imprese di ogni tipo per assicurarsi dell’andamento dei processi interni, a cominciare dal settore marketing.
Il controllo dei KPI consente di comprendere a differenti livelli se l’attuale strategia della società sta funzionando. Scegliendo le metriche giuste, i manager potranno prendere decisioni più ponderate e mirate ad avere un brand di successo.
Di seguito vi spiegheremo cosa sono i KPI, come misurarli, quali sono quelli più utilizzati in ambito marketing e di quali strumenti ci si può avvalere.
Elenco dei contenuti
I KPI (Key Perfomance Indicators) sono indicatori che hanno la funzione di misurare i risultati di un’azienda in maniera oggettiva, analizzando l’efficacia delle varie iniziative intraprese, tra cui l’acquisizione dei clienti, il loro livello di soddisfazione, la qualità dell’esperienza, il ritorno dell’investimento e così via.
In parole più semplici, i KPI sono delle metriche che raccontano in forma sintetica il livello di performance e i risultati raggiunti. Molto spesso i valori sono espressi in percentuali, così da rendere confrontabili tra loro fenomeni diversi.
Per il settore marketing la misurazione dei KPI può coinvolgere vari indicatori come efficacia della campagna, capacità di generale lead o conversation, abilità di attirare l’attenzione, livelli di engagement, tasso di fidelizzazione e qualità della Customer Experience.
In realtà l’abitudine di registrare le metriche non è nata in epoca digitale, ma molto prima. Per esempio, l’analisi di bilancio aziendale si avvale dell’uso di indicatori per individuare velocemente il tipo di performance della società.
Ad ogni modo, anche se tali valori di riferimento sono sempre esistiti, le piattaforme digitali moderne hanno reso tracciabile qualsiasi attività, nonché comparabile e misurabile. Non a caso nel digital marketing hanno acquisito una certa importanza gli strumenti di Web Analytics.
La rapida evoluzione del marketing e delle tecnologie fa sì che i KPI impiegati dalle imprese non siano obbligatoriamente gli stessi. Infatti, un’indagine condotta da Salesforce nel 2021 ha interpellato i marketing manager di tutto il mondo ed ha rivelato che i valori usati sono cambiati da un anno all’altro.
Al giorno d’oggi i KPI hanno assunto un ruolo fondamentale per le società che desiderano imporsi sul mercato in maniera vincente e puntano ad un business di qualità. Vediamo allora per quali motivi avvalersi dell’aiuto di indicatori di performance di questo genere:
La domanda davvero rilevante è solo una, quando ci si approccia per la prima volta ai KPI. Quali indicatori devono essere monitorati?
Rispondere non è semplice poiché esistono in teoria una serie illimitata di metriche da poter controllare ed è facile cadere nell’errore di affidarsi a dati secondari e che non hanno una reale rilevanza.
Per cominciare, si possono tenere d’occhio i KPI che riguardano e coinvolgono tutta l’impresa, ovvero le metriche quantificabili in linea con gli scopi aziendali. Di solito si tratta di lead, vendite o conversioni.
Ci sono poi KPI che si riferiscono ad un unico canale di comunicazione, i quali devono essere riconducibili a quell’ambito preciso, senza metterli in relazione con altri settori. Come in economia, ci sono anche leading indicators, cioè indicatori anticipatori che sono d’aiuto per tentare di capire i trend di futura realizzazione.
Al contempo, è bene evitare di misurare dati e metriche sui quali non si potrà intervenire o incidere. In altre parole, se un indicatore non può essere cambiato o migliorato, è inutile considerarlo KPI.
Dunque, per selezionare un KPI corretto è necessario porsi le seguenti domande:
Per chi deve trovare i KPI più idonei può essere utile leggere l’articolo di George Doran del 1981 dal titolo “There’s a S.M.A.R.T. way to write management’s goals and objectives”. L’approccio S.M.A.R.T. negli anni ha trovato ampia diffusione ed è un’ottima guida per decidere i KPI nel campo marketing.
S.M.A.R.T. non è altro che l’acronimo inglese di “specifico”, “misurabile”, “raggiungibile”, “rilevante” e “temporaneamente limitato”. Ogni aggettivo risponde ad una domanda:
Fornire una risposta esatta a questi 5 quesiti è indispensabile per fare chiarezza quando si scelgono i KPI, anche in fase di condivisione con i collaboratori in quanto non tutti vedono gli indicatori nello stesso modo.
ROI: il ROI (return on investment) è l’indicatore che rivela quanto profitto si genera quando si paragona il costo di acquisizione dei clienti con le entrate prodotte.
Tasso di conversione: il Conversation Rate non è altro che la percentuale di utenti che si trasforma in lead e quindi in clienti. Si tratta di un KPI generico per il marketing, ma volendo può essere applicato ad altre categorie se si vuole controllare ogni canale di comunicazione singolarmente.
Customer Lifetime Value: il CLV è il valore della vita del cliente ed indica la quantità di introiti che un cliente genera nel tempo. Per tempo si può intendere giorni, settimane, mesi o anni, secondo le offerte e servizi di back-end.
Costo di Acquisizione del Cliente: il CAC monitora quanto bisogna spendere per conquistare un singolo cliente. Il dato può comprendere pubblicità, telefonate, vendite dirette e ogni altra attività collegata al processo di conversione.
Bounce Rate: il Bounce Rate o frequenza di rimbalzo è il KPI che indica il numero di utenti che lascia il sito web o la pagina in pochi secondi, senza compiere azioni. È una delle principali metriche di performance e un tasso elevato può significare che sono stati commessi diversi errori.
Churn Rate: il Churn Rate è la metrica che registra il tasso di abbandono, cioè la percentuale di clienti persi in rapporto al numero totale di clienti attivi. In sostanza, esprime la quantità di clienti che non acquistano più.
Condivisioni, commenti e like: condivisioni dei link, commenti ai post e like ai contenuti social sono KPI di coinvolgimento che corrispondono a tassi di conversione più elevati e relazioni con i clienti più solide nel tempo.
Numero di follower: tenere in considerazione questo indicatore può essere determinante per capire se i contenuti condivisi sono rivolti o meno ad un pubblico idoneo e se sono abbastanza interessanti da mantenere viva la loro attenzione.
Nuove impressioni: è il KPI dei social media che serve a verificare la copertura di visualizzazioni e contatti e si dovrebbe lavorare per incrementarlo nel tempo con annunci a pagamento, più follower e un coinvolgimento migliore.
SERP: la SERP (Search Engine Results Pages) è la pagina dei risultati di un motore di ricerca in risposta ad una richiesta dell’utente secondo keywords specifiche. Un sito web performante dovrebbe essere posizionato in alto o comunque questo dovrebbe essere l’intento. Così facendo, si avrà maggiore visibilità e più persone saranno invogliate a cliccare.
Traffico organico: più è elevato il traffico organico, più persone trovano un servizio o prodotto inserendo parole correlate. Il traffico organico rappresenta il numero di visite ricevute attraverso le ricerche su motori quali Google, Yahoo e Bing.
CTR: il Click Through Rate è il KPI che misura la frequenza con la quale gli utenti cliccano su annunci a pagamento o pagine web che appaiono sui motori di ricerca ed indica l’efficacia del lavoro dei copywriter e content writer.
Per tracciare i differenti KPI nel settore marketing non esiste un unico strumento, ma una ricca gamma di software e tools molto variegati e di grande utilità. Ecco quali sono gli strumenti maggiormente diffusi per chi vuole servirsi degli indicatori di performance: