Rischia di essere un vero e proprio scontro fra titani quello che vede contrapposta Epic Games, la casa ideatrice del videogioco Fortnite, ai due colossi Google e Apple.
Al centro della contesa legale c’è l’accordo commerciale fra gli sviluppatori e i servizi di iOS e Android con cui si scaricano le app, il quale prevede che i primi paghino una percentuale pari al 30% sugli acquisti in-app.
Il contenzioso è iniziato nel 2020 su un primo terreno di confronto, per poi ripetersi ancora nel 2022, questa volta a causa di Bandcamp, una piattaforma di musica indipendente che Google vuole rimuovere dallo store in mancanza di un accordo ufficiale.
Proviamo quindi a capire com’è nata questa annosa diatriba tra giganti dell’informatica e qual è l’ultimo atto di una guerra che si combatte ormai a colpi di denunce e ricorsi in tribunale.
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Gli acquisti in-app sono quelli su cui si basa spesso il modello di business degli sviluppatori. Molti usano il modello freemium: offrono l’applicazione gratuitamente e richiedono acquisti all’interno della stessa, ad esempio per migliorarne le funzionalità.
Apple e Google hanno imposto che queste transazioni siano effettuate con i loro sistemi di pagamento, trattenendo percentuali fino al 30%. Sono quote molto più alte rispetto a quelle di altri servizi come PayPal o Visa, che non superano il 5%.
L’accordo legale in vigore è quello siglato anni fa da decine di migliaia di sviluppatori per diffondere le loro app sui vari device tramite i negozi di app.
Nel 2017 la Epic Games, controllata dall’azienda cinese Tencent, ha ideato Fortnite, gioco scaricabile gratuitamente dagli store per app e utilizzato ormai da circa 350 milioni di persone in tutto il mondo e che solo nel 2019 è arrivato a fatturare 4,7 miliardi di dollari.
Scopo del videogame è far sopravvivere il personaggio ricercando armi e risorse ed eliminando i concorrenti virtuali.
Il plus dato all’utente è di non richiedere alcuna spesa per migliorare le prestazioni dell’avatar, dunque in cosa spendono i giocatori?
Oltre 3000 euro al minuto vengono spesi per funzioni aggiuntive come modifiche estetiche ai personaggi. Si tratta di acquisti in-app, cioè effettuati dagli utenti all’interno del gioco.
I guadagni degli acquisti in-app rappresentano un importante introito per Epic che ha deciso, pertanto, di non pubblicare il gioco su Play Store per Android, obbligando di fatto gli utenti a trovare altre modalità per scaricarlo.
Quando lo sviluppatore di Fortnite ha annunciato l’introduzione di un proprio servizio di pagamenti in-app alternativo a quelli di Apple e Google, poco dopo nel gioco è comparsa una schermata che illustrava la possibilità per i giocatori di acquistare una valuta virtuale, chiamata V-Bucks, con uno sconto del 20% tramite un pagamento diretto a Epic Games.
Per 1000 V-Bucks l’utente avrebbe pagato 7,99 euro contro i 9,99 del pagamento nei negozi di contenuti ed avrebbe risparmiato così 2 euro. In questo modo, Apple e Google venivano di fatto bypassati, eludendo le commissioni loro dovute.
Ad agosto 2020 Apple ha rimosso Fortnite dall’app store per violazione, da parte di Epic Games, dei termini stabiliti dall’accordo tra società e sviluppatori di app.
L’accordo tra sviluppatori e Apple prevede che venga trattenuta una commissione pari al 30% sulle micro-transazioni per chi decide di distribuire le app tramite i servizi forniti dal gigante di Cupertino. Poco dopo anche Google ha seguito la stessa strada.
La risposta non si è fatta attendere ed Epic ha denunciato entrambe le aziende, accusandole di esercitare di fatto un potere di monopolio e chiedendo al giudice federale di ordinare l’interruzione di queste «condotte anticoncorrenziali» a favore di tutti gli sviluppatori.
Secondo Epic Games, la regola nell’App-Store «impone restrizioni irragionevoli e illegali per monopolizzare completamente entrambi i mercati e impedire agli sviluppatori di software di raggiungere più di un miliardo di utenti dei dispositivi mobili a meno che non passino attraverso un unico negozio controllato da Apple», limitando la libera concorrenza e danneggiando gli utenti, costretti a pagare di più.
Secondo Apple, la commissione che gli sviluppatori pagano sugli acquisti in-app, consente agli stessi di ottenere dei vantaggi in termini di sicurezza, assistenza ed efficienza del servizio e mantiene le applicazioni e gli utenti al sicuro da possibili hackeraggi e truffe.
Questo sistema di business da diversi anni è al centro delle lamentele degli sviluppatori, ma nessuno prima della Epic Games lo aveva mai messo in discussione così seriamente.
A seguito del lancio dello sconto del 20% proposto da Epic e denominato Mega Drop, Google ed Apple decidono di bandire Fortnite dagli store per violazione delle linee guida.
La causa contro Apple è stata parzialmente vinta da Epic Games. Infatti, il giudice distrettuale di New York ha sentenziato che la condotta della società di Cupertino è stata anticoncorrenziale, mentre non regge l’accusa di monopolio e violazione delle clausole contrattuali.
È stato quindi deciso che Epic dovrà pagare come danni il 30% dei 12 milioni di dollari di guadagni raccolti tramite gli utenti dell’app Fortnite tra agosto 2020 ed ottobre 2020, più il 30% delle entrate incassate dal 1° novembre 2020 alla data della sentenza.
Per quel che riguarda, invece la disputa con Google, il caso dovrebbe essere discusso non prima del 2023.
Dopo il caso Fortnite, Epic Games è nuovamente in conflitto con Google poiché quest’ultima avrebbe intenzione di eliminare la piattaforma online di musica indipendente Bandcamp dal Play Store di Android.
Al centro della disputa c’è ancora una volta il meccanismo di pagamenti. Epic vorrebbe che Bandcamp utilizzasse il proprio sistema, in maniera tale da non pagare la commissione a Google.
Bandcamp dal 2015 usa già un suo sistema di pagamento su Android. Questo perché il Play Store ha un regolamento differente che esenta chi vende musica digitale dall’impiegare per forza i pagamenti interni allo store.
Nel marzo 2022 Epic Games ha acquistato Bandcamp e Google decide quindi di cambiare questo regolamento specifico, in modo che gli utenti dell’app siano obbligati ad usare Google Play Billing per pagare.
Bandcamp dovrebbe modificare il metodo di pagamento entro il 1° giugno 2022, decidendo eventualmente di aumentare i prezzi d’acquisto o vendere su Android senza margine.
Epic Games ha spiegato che le richieste di Google impedirebbero a Bandcamp di dare agli artisti l’82% dei profitti, dovendo darne a Google il 10%. Il che sembrerebbe comunque un compromesso accettabile rispetto al 30% richiesto per altri tipi di applicazioni o giochi.
In aggiunta, secondo Epic gli artisti dovrebbero attendere più a lungo per i pagamenti in quanto la fatturazione di Google paga gli sviluppatori dopo un periodo che va da 15 a 45 giorni.
I ragionamenti esposti sembrano avere una logica, ma in tribunale la faccenda potrebbe presentare risvolti diversi.
Per esempio, il servizio Fanhouse nel 2021 aveva tentato qualcosa di simile contro Apple, dovendosi poi rassegnare all’uso dei pagamenti tramite App Store e ad aumentare i prezzi del 50% per sopperire alla commissione.
Epic Games sembra in cerca di una nuova sfida e non è escluso che si tratti di un tentativo di fornire nuovo materiale di discussione legale nella battaglia contro gli store Android ed iOS.
Per adesso c’è stata soltanto un’ingiunzione preliminare e chissà che anche in questo caso non si arrivi in aula di tribunale.