In Creact, già da alcuni anni, abbiamo dei collaboratori che lavorano in remoto e promuoviamo, compatibilmente con i tempi di consegna dei progetti, il lavoro flessibile.
In seguito allo scoppio della pandemia di Covid-19 nel febbraio 2020, il cosiddetto smart working è diventata una realtà consolidata per molti lavorati, impegnati nei più differenti settori. Questa tendenza è ormai ampiamente diffusa e non è più legata solo all’emergenza sanitaria.
Proviamo a capire in cosa consiste il lavoro da remoto in Italia, come funziona nel dettaglio e quali regole dovrebbe seguire.
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Oggi si parla molto spesso di lavoro da remoto, comunemente definito smart working. È stato tema di discussione per le aziende pubbliche e private impegnate ad affrontare le difficoltà causate dal Covid-19.
Lo smart working ha dovuto fare i conti con il Protocollo Nazionale Sanitario e le proroghe dello Stato di Emergenza autorizzate dal Ministero della Salute tra 2021 e 2022.
Attualmente ci sono poco più di 4 milioni di italiani che lavorano da remoto, mentre il 90% delle imprese prevede di continuare con il lavoro agile a pandemia conclusa.
La scelta di mantenere lo smart working è dovuta principalmente ai benefici rilevati dalle società e dagli stessi lavoratori.
Infatti, sembra che l’equilibrio tra vita privata e lavoro sia migliorato anche nella pubblica amministrazione e nelle PMI. Questi e molti altri dati sono emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.
L’esperienza emergenziale vissuta dagli italiani a partire dal 2020 ha portato alla luce la necessità di superare il concetto di presenza fissa in un certo luogo e per un determinato numero di ore per poter lavorare.
Nel corso della prima fase della pandemia lo smart working è diventato essenziale per rispondere alle limitazioni imposte dalle autorità nazionale. Lo stesso governo ne ha incentivato l’utilizzo, semplificando la procedura di accesso e scoraggiando il lavoro in presenza.
Invece nella seconda fase si è assistito ad un’integrazione tra lavoro in ufficio e da remoto e da allora non sono mancati i dibattiti su tale forma lavorativa, che per l’Italia è meno comune rispetto ad altri Paesi del mondo.
Il decreto emanato nel marzo 2022 ha stabilito che le attuali regole in materia di smart working rimarranno in vigore anche quando la pandemia sarà conclusa.
Intanto, però, il Parlamento sta pensando di varare un nuovo decreto per cambiare la normativa vigente sul tema e promuovere delle regole più definite rispetto al diritto alla disconnessione e pari trattamento tra lavoratori in presenza e lavoratori agili.
Con lo smart working semplificato le aziende potranno decidere di far lavorare i dipendenti da remoto senza accordi preventivi, secondo turni di alternanza o al 100%.
Per quel che riguarda il settore pubblico, lo scopo del governo è quello di ripristinare il lavoro in presenza entro il 2022. A ogni modo, lo smart working nelle PA non verrà abolito del tutto, ma sarà concesso fino al 15% dei dipendenti e con precisa definizione scritta di orari e sedi.
Nel frattempo, a dicembre 2021 è stato approvato il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile che regolamenta le linee guida per lo smart working in campo privato, entrato in vigore dal 1° gennaio 2022.
Lo smart working che abbiamo sperimentato in Italia negli ultimi due anni non è il vero smart working, in quanto si è trattato più che altro di un lavoro da remoto potenziato e appunto emergenziale. Quindi cosa significa davvero smart working?
Con il termine preso in prestito dall’inglese si intende una filosofia manageriale basata sull’autonomia e flessibilità nella scelta di orari, spazi di lavoro e strumenti tecnologici da usare, in corrispondenza di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.
Per riassumere, fare smart working vuole dire:
A questo proposito, è bene dire che lo smart working non obbliga a lavorare soltanto presso la propria abitazione, ma anche in posti diversi come aree di coworking, hub aziendali, spazi pubblici o privati in linea con le proprie necessità.
Una volta compreso in cosa consiste lo smart working, è indispensabile capire come si differenzia dal telelavoro per evitare di confondere le due situazioni lavorative.
Lo smart working non è semplicemente lavorare da casa, ma è un vero e proprio approccio mirato alla ristrutturazione culturale ed organizzativa della società. Invece il telelavoro è una semplice prestazione di lavoro svolta fuori dalla sede di lavoro.
Con il telelavoro la postazione, detta workstation, deve essere distaccata dagli spazi domestici ed in genere è a carico del datore di lavoro. Dunque, la distinzione principale tra le due forme lavorative riguarda la flessibilità di orari, sedi e tecnologie di cui si dispone con lo smart working.
Fare smart working sembra apparentemente facile o comunque meno restrittivo rispetto ad altre tipologie contrattuali. In realtà, questa modalità di lavoro da remoto ha richiesto una regolamentazione ufficiale e ben precisa.
D’altra parte, però, è necessario anche seguire delle piccole regole o linee guida per fare in modo che tutto vada per il verso giusto. Vediamo quali aspetti curare per sfruttare lo smart working in modo ottimale e soddisfacente per tutti.
Negli ultimi dieci anni le più importanti aziende hanno introdotto lo smart working e altre soluzioni aggiuntive volte a proteggere dallo stress questi lavoratori.
Tra le varie imprese si possono ricordare nomi di alto profilo come Microsoft, Vodafone, Tetra Pack, Nestlé e molti altri. Uno dei precursori è stato il gruppo assicurativo AXA che nel 2017 ha lanciato il progetto ‘Smart working, smart life’.
Premiato con lo Smart Working Award, l’idea era quella di estendere il lavoro agile a tutti i collaboratori indistintamente, con innumerevoli vantaggi in termini di benessere mentale dei dipendenti e di produttività.
Altro esempio di successo è l’azienda petrolchimica Maire Tecnimont che ha approfittato dello smart working per rinnovare lo sviluppo organizzativo. L’iniziativa ‘Be adaptive! Think Thank’ ha lanciato un concorso interno tra i lavoratori, con un evidente impatto sulla sostenibilità aziendale.
A vincere lo Smart Working Award 2020 è stato l’istituto bancario Credem. Per rispondere ai problemi generati dal Covid-19 la banca ha dato l’opportunità ai dipendenti di lavorare da remoto, coinvolgendo quasi il 93% del personale totale.
Nel maggio 2020 il CEO di Twitter Jack Dorsey ha dato la possibilità agli impiegati di lavorare da remoto. Si è poi accodato anche il CEO di Facebook, oggi Meta, Mark Zuckerberg, il quale ha annunciato che nei prossimi 5-10 anni il 50% dei suoi lavoratori sarà impegnato in uno smart working full-time.